INTERVISTA A MASSIMO ROSSI, ROSSI ROSSI & PARTNER
Entrato in vigore un po’ in sordina lo scorso luglio, il Decreto Legislativo n. 83 del 2022 introduce profonde modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Nello specifico, aumentano gli obblighi a livello amministrativo, organizzativo e contabile, con l’obiettivo di prevenire e ridurre il verificarsi di episodi di crisi aziendale.
“ll nuovo codice è molto preciso – commenta Massimo Rossi, co-managing partner e tra i fondatori di Rossi Rossi & Partner, studio che si occupa di crisi d’impresa, banking&finance, debt advisory e ristrutturazioni finanziarie – e specifica una checklist di 60 punti che le aziende devono rispettare. Tra questi ci sono la predisposizione di indici che diano una visione prospettica del debito bancario, di un budget quinquennale, di un piano di tesoreria annuale declinato in piani finanziari bimestrali e di strumenti per il controllo del credito. La ratio è quella di applicare uno standard di gestione di alto livello al mondo delle PMI, per consentire loro di crescere e migliorare il rapporto con il mercato e con gli istituti di credito”.
Un decreto che però nasconde possibili criticità, specialmente in una fase non facile per l’economia, come quella attuale. “L’idea è buona – chiarisce Rossi – perché si vuole spronare anche le aziende più piccole a ragionare da grandi imprese, al di là dei costi che ciò può comportare nel breve periodo. È prevedibile però che le nuove regole, unite all’aumento dell’inflazione e al precario quadro economico internazionale, porteranno un incremento generale dei tassi di interesse, con conseguente restrizione del credito. E questo è un grosso rischio per le nostre PMI: non possiamo negare che sarà un periodo complesso per le relazioni tra banche e imprese, ma la soluzione c’è e consiste nell’evolvere e adeguarsi prontamente al nuovo quadro normativo ed economico”.
Una piccola rivoluzione, dunque, per tantissime aziende non ancora dotate degli adeguati asset organizzativi. “A livello pratico – conclude l’esperto – dobbiamo accelerare l’adozione di questi strumenti, renderli prioritari e promuovere una sensibilità imprenditoriale fortemente orientata a prevedere gli scenari futuri. Inoltre bisogna imparare a interfacciarsi nel modo corretto con gli istituti di credito e per farlo serve disclosure totale: bisogna mettere sul tavolo punti di forza e debolezze, fornendo un set informativo completo a chi deve valutare l’azienda. In questo modo si acquisisce credibilità, si viene percepiti come operatori consapevoli, con un’idea di sviluppo chiara e dettagliata, e questo aumenta la probabilità di accedere al credito. Allo stesso tempo è necessario poi rinnovare le imprese anche dal punto di vista delle persone, favorendo il passaggio generazionale, per immettere energia e menti fresche nel settore. Se riusciamo a cambiare (e ne sono convinto) sarà un grande vantaggio per tutti”.